Cardiomiopatia ipertrofica: eziologia, patogenesi, sintomi, diagnosi e metodi di trattamento
Kizyukevich O.Chirurgo cardiovascolare, MD
14 minuti di lettura·Luglio 22, 2025
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La cardiomiopatia ipertrofica (CMI) è una patologia primaria del miocardio caratterizzata da un’ipertrofia ventricolare sinistra inspiegabile, generalmente asimmetrica e senza dilatazione della cavità ventricolare. La patologia deriva da mutazioni dei geni che codificano per le proteine sarcomeriche, causando alterazioni morfologiche, elettriche ed emodinamiche.
Ispessimento della parete del ventricolo destro nella CMI – modello 3D
La CMI rappresenta una delle forme più diffuse di cardiomiopatia ereditaria, con una incidenza stimata di circa 1 caso su 500 adulti. Gli uomini sono affetti da questa malattia con una maggiore frequenza rispetto alle donne (con un rapporto approssimativo di 3:2), tuttavia nelle donne questa patologia viene diagnosticata in età più avanzata e con un’evoluzione più severa.
Eziologia
La malattia è causata da un’alterazione della sintesi e della funzione delle proteine sarcomeriche contrattili, ma in determinati casi si osservano forme secondarie associate a disturbi sistemici e metabolici.
Nel 60-70% dei casi di cardiomiopatia ipertrofica, l’origine è attribuibile a una singola mutazione genetica.
Geni associati allo sviluppo della CMI
Gene
Proteina
Frequenza di mutazioni
MYH7
catena pesante della beta-miosina
Circa il 70% di tutte le mutazioni riguarda i geni MYH7 e MYBPC3
MYBPC3
proteina C legante la miosina
Circa il 70% di tutte le mutazioni riguarda i geni MYH7 e MYBPC3
TNNT2
troponina T
Circa il 5%
TNNI3
troponina I
<5%
TPM1
tropomiosina
<5%
La malattia è a trasmissione autosomica dominante, il che significa che è sufficiente un gene modificato da uno dei genitori per manifestarsi. Il rischio di sviluppare la malattia è considerevole, tuttavia la gravità e le manifestazioni sintomatiche possono variare significativamente anche all’interno della stessa famiglia.
In circa il 30% dei casi, la mutazione compare per la prima volta senza precedente manifestazione nell’anamnesi familiare.
Esistono malattie che possono imitare il quadro clinico della cardiomiopatia ipertrofica, ma che presentano un’eziologia patogenetica diversa. È quindi fondamentale saperle distinguere dalla forma primaria (sarcomerica), dato che il trattamento e la prognosi sono diversi.
Varianti con l’ipertrofia secondaria (fenocopie CMI)
Patologia
Meccanismo
Caratteristiche
Malattia di Fabry
Malattia da deposito lisosomiale ereditaria (deficit di alfa-galattosidasi A)
Segni di una lesione sistemica (angiocheratomi, neuropatia e proteinuria)
Amiloidosi cardiaca
Accumulo di proteine (AL, ATTR) nel miocardio
Ispessimento delle pareti del miocardio, riduzione di contrattilità del cuore e disfunzione diastolica
Atassia di Friedreich
Malattia a trasmissione autosomica recessiva causata dalle mutazioni al gene FXN (malattia mitocondriale)
Neurodegenerazione progressiva (atassia, debolezza e atrofia muscolare, disartria e altro)
Glicogenosi (ad esempio, malattia di Pompe)
Depositi di glicogeno nei lisosomi, localizzati soprattutto nei muscoli e nel cuore
Spesso con alterazioni della muscolatura scheletrica
Ipertensione arteriosa sistemica
Ipertrofia miocardica reattiva
Generalmente simmetrica, con l’ipertensione pregressa
Даже при наличии мутации в гене саркомерного белка клиническая выраженность и течение ГКМП зависят от дополнительных факторов:
regolatori epigenetici;
ipertensione arteriosa concomitante;
attività fisica molto intensa (soprattutto nell’età adolescenziale);
sesso e stato ormonale (le donne presentano più spesso forme ostruttive, ma con manifestazione più tardiva);
morte cardiaca improvvisa nell’anamnesi familiare.
Patogenesi
Alterazione della funzione sarcomerica
Le mutazioni nei geni (vedi Eziologia) determinano:
ipersensibilità al calcio;
riduzione dell’efficienza contrattile;
aumento della necessità di energia.
Conseguenza: si sviluppa l’ipertrofia miocardica compensatoria, prevalentemente del setto interventricolare, soprattutto nella regione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (TEVS).
Ipertrofia e alterato rilasciamento ventricolare (disfunzione diastolica)
L’ispessimento delle pareti determina:
ridotta distensibilità del ventricolo sinistro;
riempimento ventricolare in diastole compromesso;
aumento della pressione diastolica.
Conseguenza: sviluppo di stasi nella piccola circolazione, che si manifesta con dispnea e altri sintomi di insufficienza cardiaca a frazione di eiezione conservata.
Marcata ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (forma ostruttiva)
Nel 60-70% dei pazienti, si osserva uno sviluppo dell’ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (TEVS).
Durante la sistole, l’effetto Venturi determina la retrazione del lembo anteriore della valvola mitrale verso il setto (fenomeno SAM), l’incremento del gradiente pressorio e lo sviluppo del rigurgito mitralico.
Conseguenza: il sovraccarico emodinamico aumenta, peggiorando i sintomi e aumentando il rischio di aritmie.
Ostruzione del TEVS provocata dall’ispessimento del setto interventricolare – modello 3D
Ischemia microvascolare
Il miocardio ipertrofico necessita di una maggiore quantità di ossigeno, ma:
la rete capillare non riesce a compensare l’aumentata massa tissutale;
si crea un disequilibrio tra richiesta e apporto di ossigeno;
si sviluppa frequentemente una fibrosi dei piccoli vasi.
Conseguenza: sviluppo di ischemia miocardica nonostante le arterie coronarie siano normali, con dolore toracico, fibrosi e aumento del rischio di aritmie.
Fibrosi e instabilità elettrica
In risposta all’ischemia e al sovraccarico meccanico del miocardio, si sviluppa una fibrosi interstiziale e focale, il che può portare a:
alterazione della conduzione dell’impulso;
sviluppo di aritmie ventricolari;
aumento del rischio di morte cardiaca improvvisa (MCI).
Animazione 3D – cardiomiopatia ipertrofica
Manifestazioni Cliniche
dispnea allo sforzo, faticabilità;
dolore toracico (stenocardia) con coronarie normali;
sincopi o presincopi (soprattutto durante lo sforzo fisico);
aritmie ventricolari, fibrillazione atriale;
MCI, soprattutto nei pazienti giovani e negli atleti con una forma ostruttiva;
insufficienza cardiaca: può svilupparsi sia con frazione di eiezione conservata (HFpEF), sia con frazione di eiezione ridotta nelle fasi tardive; si manifesta con edemi, ortopnea, tachicardia e ridotta tolleranza allo sforzo;
evoluzione asintomatica: nel 25-30% dei pazienti la patologia viene rilevata nello screening dell’anamnesi familiare; un rischio elevato di complicazioni non è escluso.
Diagnosi della cardiomiopatia ipertrofica
L’ecocardiografia transtoracica (EcoCG) è il metodo fondamentale per la diagnosi iniziale. Consente di:
valutare lo spessore del miocardio. La diagnosi è probabile quando lo spessore della parete miocardica è ≥15 mm negli adulti oppure ≥13 mm nei familiari di primo grado con CMI confermata;
identificare il tipo di ipertrofia: asimmetrica, concentrica o apicale;
individuare l’ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro (gradiente ≥ 30 mm Hg, gradiente clinicamente rilevante ≥ 50 mm Hg);
rivelare il fenomeno SAM (movimento sistolico anteriore del lembo mitralico) e la regurgitazione mitralica;
valutare la funzione del ventricolo sinistro e la presenza di disfunzione diastolica;
misurare i parametri atriali, in particolare quelli dell’atrio sinistro per il rischio di fibrillazione atriale.
La RM cardiaca è consigliata nei seguenti casi:
quando l’ecoCG non consente una valutazione precisa dello spessore delle pareti;
quando vi è il sospetto di una forma apicale o atipica di CMI;
quando è necessario valutare la fibrosi miocardica.
Consente di rilevare:
l’estensione e il grado dell’ipertrofia;
le aree di fibrosi, associate a un elevato rischio di aritmie e MCI;
la distinzione rispetto alle fenocopie, ad esempio l’amiloidosi.
L’ ECG (elettrocardiogramma) non è specifico, ma alterazioni patologiche sono presenti in oltre il 90% dei pazienti. I segni dell’ipertrofia del ventricolo sinistro sono:
le onde Q atipiche (nelle derivazioni V4–V6, I, aVL) che possono imitare l’infarto miocardico;
le modificazioni del segmento ST e l’inversione dell’onda T;
i disturbi del ritmo cardiaco, come la fibrillazione atriale, l’extrasistole ventricolare e la tachicardia ventricolare (TV);
i blocchi atrioventricolari o intraventricolari.
ECG Holter. Indicazioni:
sospetto di aritmie (EV, TV, FA);
sincopi e presincopi;
valutazione del grado di alterazione del ritmo cardiaco e delle indicazioni al defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD).
Test da sforzo (treadmill o cicloergometro). Viene effettuato per:
valutare la tolleranza allo sforzo fisico;
rilevare l’ostruzione del TEVS indotta dallo sforzo;
determinare il gradiente sotto sforzo;
identificare sintomi ischemici in assenza di stenosi delle arterie coronarie.
Test genetici. È raccomandato:
ai pazienti con CMI confermata (soprattutto giovani o con storia familiare di MCI);
per lo screening dei familiari di primo grado (figli, fratelli/sorelle, genitori);
in caso di sospetto di fenocopie (malattia di Fabry, malattie mitocondriali, ecc.).
Geni identificabili: MYH7, MYBPC3, TNNT2, TNNI3 e TPM1— i più frequenti.
Marcatori di laboratorio:
NT-proBNP/BNP: aumentati in caso di sovraccarico pressorio o disfunzione diastolica;
Troponina T/I: può risultare moderatamente elevata in presenza di ischemia microvascolare.
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Trattamento della cardiomiopatia ipertrofica
Cambiamento del modo di vita:
evitare l’attività fisica intensa e lo sport;
controllare la pressione arteriosa e il peso;
effettuare lo screening dei familiari di primo grado.
Terapia farmacologica:
beta-bloccanti (i farmaci più raccomandati sono bisoprololo o metoprololo);
verapamil, in caso di controindicazioni di beta-bloccanti;
disopiramide come farmaco aggiuntivo nella forma ostruttiva;
mavacamten: nuovo farmaco con un effetto dimostrato di riduzione del gradiente e miglioramento dei sintomi (secondo le linee guida ESC 2023 e AHA 2020).
Trattamento chirurgico
Indicazioni:
gradiente nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro (TEVS) ≥50 mm Hg mmHg. a riposo o dopo manovre provocative;
sintomi gravi (NYHA III-IV) non trattabili con beta-bloccanti, verapamil o disopiramide;
marcata regurgitazione mitralica associata al fenomeno SAM.
Miectomia settale estesa:
rappresenta la tecnica chirurgica gold standard per il trattamento della CMPI ostruttiva;
viene eseguita mediante ministernotomia o sternotomia totale; in alcuni casi è possibile l’accesso tramite minitoracotomia anteriore destra;
comporta l’asportazione della porzione ipertrofica del setto interventricolare, eliminando così il gradiente pressorio;
se necessario, può essere eseguita la plastica della valvola mitrale o la resezione delle corde tendinee secondarie;
eventuali complicanze includono blocchi di conduzione, necessità di impianto di defibrillatore cardiaco (ICD) e recidiva del gradiente.
L’ ablazione settale con alcol (procedura endovascolare) viene eseguita più frequentemente nei pazienti in cui la chirurgia a cuore aperto è controindicata o comporta rischi eccessivi. Procedura:
infusione di alcol nell’arteria perforante → infarto miocardico controllato → riduzione dello spessore del setto interventricolare;
rischio di blocco atrioventricolare completo (fino al 10%): è necessario essere preparati all’impianto di un pacemaker;
minore predicibilità dei risultati;
rischio di riduzione incompleta dell’ostruzione.
Impianto di defibrillatore cardiaco (ICD)
Indicazioni:
morte cardiaca improvvisa (MCI) o tachicardia ventricolare persistente (TV);
spessore della parete del VS >30 mm;
storia familiare di MCI;
sincopi di origine sconosciuta;
FEVS <50% in evoluzione progressiva.
Trapianto di cuore nei pazienti nella fase terminale, con insufficienza cardiaca refrattaria, nonostante il trattamento.
FAQ
1. Che cos’è la cardiomiopatia ipertrofica?
La cardiomiopatia ipertrofica (CMI) è una patologia caratterizzata da un ispessimento anomalo del muscolo cardiaco (generalmente del setto interventricolare). A differenza dell’ipertrofia cardiaca indotta da ipertensione o da malformazioni valvolari, nella CMI l’ispessimento del setto ventricolare è attribuibile a mutazioni genetiche, e non a un sovraccarico cardiaco.
2. La CMI è una patologia ereditaria? È necessario sottoporre i familiari a screening?
Sì, nella maggior parte dei casi la CMI è a trasmissione autosomica dominante. È raccomandato lo screening dei familiari di primo grado.
3. Quali sintomi possono indicare la CMI e quando bisogna rivolgersi al medico?
I sintomi includono dispnea, dolore toracico, capogiri e sincopi, soprattutto allo sforzo. In presenza di tali sintomi, o in caso di morte cardiaca improvvisa nella storia familiare, si consiglia di consultare un cardiologo.
4. La CMI è pericolosa? È possibile vivere a lungo con questa malattia?
Con una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato, la maggior parte dei pazienti conducono una vita piena. Tuttavia, in alcuni casi, la CMI aumenta il rischio di aritmie e di morte cardiaca improvvisa, soprattutto in assenza di trattamento.
5. Qual è la differenza tra la forma ostruttiva e quella non ostruttiva della CMI?
Nella forma ostruttiva, il setto interventricolare ispessito ostacola il deflusso di sangue dal ventricolo sinistro, determinando sintomi più marcati. La forma non ostruttiva, invece, non comporta alterazioni del deflusso sanguigno.
6. Si può praticare sport con la CMI?
Gli sport intensi e agonistici non sono raccomandati per i pazienti con CMI. È invece consentita un’attività fisica moderata, ma va sempre concordata con il medico curante.
7. Quali esami sono necessari per la diagnosi di CMI?
Generalmente, il paziente viene sottoposto a elettrocardiogramma (ECG), ecocardiogramma (EcoCG), risonanza magnetica cardiaca (RM), monitoraggio ECG continuo per 24 ore e, quando indicato, test genetici.
8. Come si può trattare la CMI? Serve un intervento chirurgico o bastano i farmaci?
Il trattamento si basa principalmente sulla somministrazione di farmaci. Nei casi più gravi, può essere necessario ricorrere a un intervento chirurgico o a un’ablazione percutanea del setto interventricolare.
9. Che cos’è l’ICD e quando viene impiantato nei pazienti con CMI?
L’ICD (impianto di defibrillatore cardiaco) è un dispositivo medico che ha la funzione di prevenire la morte improvvisa causata da aritmie. L’impianto viene eseguito nei pazienti a rischio elevato, secondo le raccomandazioni del medico.
10. È possibile la guarigione totale dalla CMI? Qual è la prognosi?
La CMI non può essere completamente guarita, ma i sintomi possono essere efficacemente controllati. Con un approccio terapeutico adeguato, la prognosi è favorevole, soprattutto in assenza di complicanze gravi.
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